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lunedì 18 giugno 2012

Draghi ci riprova e invoca maggiore potere per la Bce

La Banca centrale europea ha chiesto ai Paesi dell’Unione di procedere tutti insieme sulla strada dell’integrazione normativa, politica, economica, finanziaria, fiscale e bancaria.
In cambio l’istituto di Francoforte garantisce il proprio appoggio per la stabilità dei prezzi e per la liquidità delle banche.
La Bce, ha sostenuto Mario Draghi, non può risolvere da sola tutti i problemi dell'Europa che deve ripensare le forme della sua integrazione per lavorare insieme e rafforzare la crescita e la stabilità.
L’ex vicepresidente della Goldman Sachs per l’Europa, da novembre approdato alla presidenza dell’istituto centrale, ha confermato, come se poi ce ne fosse bisogno, che se i suoi pensieri apparenti sono rivolti alla stabilità dei prezzi nell’area dell’euro, il suo interesse primario è invece la salvaguardia delle banche europee.
La Bce, ha ricordato compiaciuto, ricopre un ruolo cruciale “nel fornire liquidità alle banche solide in cambio di opportune garanzie”. E continuerà a farlo con gli istituti che ne avessero necessità. Come è stato fatto con i due prestiti triennali (novembre e febbraio) per complessivi 1.000 miliardi di euro concessi al tasso dell’1% per tornare a fare credito alle imprese e alle famiglie, che è poi la ragione sociale di ogni banca. Soldi che, finora, ed è la situazione disastrosa delle imprese e delle famiglie a testimoniarlo, le banche hanno utilizzato più che altro per ricapitalizzarsi e per compensare le perdite registrate in questi ultimi anni a causa di operazioni finanziarie azzardate e campate in aria se non addirittura a causa di speculazioni andate a male sui soliti titoli derivati o analoga spazzatura.
Quanto poi alle citate “opportune garanzie” è una affermazione tutta da ridere perché non si può davvero affermare che la Bce abbia accertato la situazione patrimoniale di diverse banche europee a cui ha prestato soldi. Basterebbe pensare alla spagnola Bankia che, nonostante gli aiuti avuti dalla Bce, è stata costretta a ricorrere ad altri aiuti statali ed europei quando è emerso che il risultato operativo del 2011 non era di 300 milioni di euro di utile come dichiarato in marzo ma di 2 miliardi di perdita come è stato accertato appena un mese dopo. E se la Bce non dispone di compiti di vigilanza come le banche centrali, è certo invece che dispone delle antenne necessarie per accertare il reale stato di salute di una banca. Quello che vale per Bankia vale per altre banche europee ed italiane.
Ma per Draghi tutto resta giusto e perfetto visto che l‘obiettivo di offrire alle banche la possibilità di tornare a fare credito, a suo dire, sarebbe stata raggiunta. Gli indicatori, ha sostenuto, mostrano che le limitazioni alla fornitura di credito   bancario sono state eliminate e questo è stato un risultato “molto importante”. Una ripresa del credito che vedono soltanto Draghi e i suoi amici della Bce ma dalla quale le imprese italiane sono rimaste escluse tanto che veementi proteste in merito sono venute da tutte le associazioni imprenditoriali. Certo, ha dovuto correggersi subito dopo Draghi,  serve tempo perché i prestiti della Bce mostrino il loro impatto globale. Tanto più, ha messo le mani avanti, tenendo conto dell'attuale scenario di domanda di credito molto debole. Insomma se le banche non concedono credito questo non succede perché siano cattive o maldisposte ma perché le imprese non sono abbastanza coraggiose ed hanno paura ad investire. Una bella ed originale interpretazione della crisi in corso che, scoppiata negli Usa nel 2007, è nata per la voracità delle banche che invece di fare il proprio mestiere si erano dedicate, ma non hanno mai smesso, a speculare con i soldi dei correntisti. Ma un banchiere come lui queste verità non vuole nemmeno sentirle.
In una fase di incertezza come l’attuale, Draghi intende diffondere tranquillità, in particolare sul controllo della dinamica dei prezzi che è il chiodo fisso della Bce. Non ci sono rischi di inflazione in nessun paese dell'Eurozona, ha assicurato, e se   dovessero emergere la Bce ha abbastanza strumenti a disposizione per assorbire la liquidità in eccesso. Il problema, ha notato ancora l’ex Britannia boy, è che la zona dell’euro è formata da Paesi con realtà economiche profondamente diverse e con cicli economici divergenti. Mentre l’Italia cala a Germania cresce. Allo stesso modo c’è una frammentazione dei mercati finanziari alla quale la Bce ha reagito permettendo ad alcune banche centrali di aumentare il tipo di garanzie accettate dalle banche ordinarie in cambio di credito.
Scontata la conclusione. Da un lato si deve aumentare il potenziale di crescita delle economie europee con riforme a livello nazionale. Come liberalizzare i mercati, eliminare gli ostacoli burocratici che frenano l'attività delle imprese, una riforma fiscale in funzione della crescita e una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.  
Dall’altro, per dare stabilità economica all'Europa si devono rafforzare, quindi vanno centralizzati i poteri decisionali in materia finanziaria, fiscale e ovviamente monetaria. Serve un’Unione monetaria più forte con “un potere centralizzato”. 
E’ importante, ha insistito, una più stretta unione politica, anche se, ha assicurato, “una maggiore integrazione non significa una rinuncia, non significa cedere sovranità”. In molti casi, ha continuato, integrazione significa “una condivisione della sovranità” o addirittura “un incremento”. E Draghi ha citato il caso dei Paesi più piccoli dell'Eurozona che avrebbero “accresciuto la loro influenza sulla   politica monetaria” a livello europeo. Dove l’influenza che il banchiere millanta è in realtà la possibilità di partecipare alla discussione salvo poi dover accettare le decisioni dei Paesi più forti e della Bce.

fonte: 
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=15496

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